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Una coltivazione redditizia può anche essere rispettosa dell’ambiente. L’implementazione dell’agricoltura rigenerativa potrebbe fare sì che tale affermazione si avveri giacché, oltre a proteggere l’ecosistema, questa pratica aiuta a fortificare il terreno e a migliorarne la qualità.

La crescente ondata di legalizzazione della cannabis che si sta diffondendo negli Stati Uniti in particolare non ha fatto che aumentare la richiesta di cannabis sia terapeutica che ricreativa. Questo ha incrementato il numero di professionali dedicati alla coltivazione della pianta ma non tanto da poter soddisfare la domanda del mercato senza preoccupazioni. Anzi, a questi produttori non gli resta altro che lavorare senza sosta se veramente vogliono mantenere il passo. A seguito di questo green rush, la cannabis rischia di seguire lo sfortunato percorso tracciato dall’agricoltura negli ultimi tempi. La corsa al profitto ad ogni costo ha fatto che alcune pratiche diventino troppo aggressive nell’uso delle risorse nonché devastanti per l’ambiente. Il degrado del suolo aumenta, l’acqua si inquina e i prodotti della terra che poi vengono utilizzati come cibo o come medicina diventano meno benefiche e più carichi di tossici nocivi per la salute. Un gruppo di ricercatori statunitensi, dopo aver analizzato l’impatto della coltivazione in vari posti del nord della California, è giunto alla conclusione che i danni causati all’ecosistema, tra gli altri, dai residui o dalla erosione sono davvero preoccupanti.

Non è ancora troppo tardi per reagire

I coltivatori di cannabis hanno l’opportunità di cambiare le cose. Invece di andare avanti con questa linea distruttiva, i grower dovrebbero scommettere su un metodo di coltivazione rispettoso dell’ambiente che possa anche aiutare a riparare il danno finora causato. Non parliamo di avviare una coltivazione sostenibile (quella che non depaupera le risorse), ma di passare al livello successivo, di scommettere su un metodo che potrebbe essere il futuro della produzione della cannabis: l’agricoltura rigenerativa.

Sebbene i coltivatori più green sembrino di aver creato un metodo totalmente innovativo, l’agricoltura rigenerativa non è mica nuova. Infatti, le tecniche rigenerative rappresentano un ritorno al modo in cui le cose venivano fatte durante secoli, fino a quando le interessi commerciali hanno portato alla diffusione di tecniche più redditizie, senza pensare all’impatto sull’ecosistema. L’agricoltura rigenerativa ha un tremendo effetto rigenerante: migliora la biodiversità degradata. Quest’obiettivo ecologico è addirittura più importante dell’ottenimento di prodotti alimentari o medicinali, come nel caso della cannabis. Ma questo non vuol dire che i coltivatori non beneficino di questo tipo di agricoltura. Anzi, essi saranno più che compensati dalla qualità del raccolto, dalla riduzione dei costi a medio/lungo termine e dai vantaggi derivati dal marketing si rivelano veramente insuperabili.

Fattori del ciclo rigenerativo

L’agricoltura rigenerativa è come un circuito chiuso. La natura fornisce alla pianta tutto ciò di cui ha bisogno e, in cambio, ottiene quello che le serve per rigenerarsi. La luce, l’acqua, i fertilizzanti… Tutti questi fattori svolgono un ruolo importante nella coltivazione e pertanto devono essere trattati da un punto di vista rigenerativo:

  • Le origini dell’acqua e l’uso che se ne fa sono due punti chiavi di questa pratica. I sistemi per raccogliere l’acqua piovana e farla arrivare alle radici tramite l’utilizzo di un sistema di irrigazione sotterranea sono un esempio di ciò che si cerca nell’agricoltura rigenerativa. La chiave è che l’approvvigionamento idrico provenga da fonti naturali per poter così evitare che le coltivazioni aggravino i problemi di siccità come nel caso della California (sebbene la cannabis non sia la principale responsabile).
  • I coltivatori di cannabis che si avvalgono di queste tecniche cercano di non usare fonti di luce artificiale per allungare la coltivazione, per evitare la stagionalità… Insomma, per aumentare la resa. È fondamentale il rispetto dei cicli stabiliti dalla natura.
  • L’uso di pesticidi o concimi chimici non è ammesso nell’agricoltura rigenerativa. Se il terreno viene trattato adeguatamente, non ci sarà una fonte di nutrimento migliore per le piante. Ma i vantaggi non finiscono qui. Lo sviluppo di suoli vitali pieni di funghi, batteri e altri microbi capaci di trasformare l’anidride in una sostanza che fa sparire l’inquinamento porta anche all’intensificazione dell’importante lavoro di catturare il CO2 che solitamente svolgono le piante (usano il carbonio per ottenere energia e crescere grazie alla fotosintesi).
  • La rotazione e gli avvicendamenti delle colture, le colture di copertura, l’uso del vermicompost o il no-till occasionale sono alcune delle pratiche agricole che possono contribuire al miglioramento del suolo.
  • La policoltura è la migliore difesa contro le piaghe. Infatti, quanto maggiore la biodiversità della coltivazione, tanto minore è la necessità di utilizzare qualcosa di esterno per proteggerla (i pesticidi, ad esempio). La presenza di diverse colture sulla stessa superficie aiuta ad evitare la vulnerabilità delle monocolture nei confronti delle piaghe.

Come detto prima, si tratta di un circuito chiuso grazie al quale la pianta riceve tutto ciò di cui ha bisogno dalla natura e, in cambio, aiuta ad equilibrarla e migliorarla. Il coltivatore non dovrà più acquistare sostanze nutritive, fertilizzanti o sistemi d’illuminazione. Unicamente dovrà essere paziente, rispettoso dell’ambiente e voler bene alla pianta. La sua ricompensa: costi più contenuti a medio o lungo termine, cannabis di qualità eccezionale per alleviare i disturbi o per spassarsela un mondo… E tutto ciò, sapendo che sta contribuendo a riparare il danno che l’agricoltura su vasta scala sta causando al nostro pianeta.

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